Esiste un adagio che recita: less is more. L’idea dell’essenziale che si rivela bastante e che aiuta a liberarsi del superfluo, la cui gestione è spesso complicata, funziona perfettamente nel cupo e claustrofobico (ma anche agorafobico) It comes at night dello statunitense Trey Edward Shults.
In un gioco di inconciliabili dicotomie, tutto ciò che si trova all’esterno della casa, chiunque non faccia parte della famiglia e qualsiasi eccezione alle regole vengono contrapposti alla rassicurante stasi all’interno delle mura domestiche, alla fiducia incondizionata verso i propri cari, al rispetto dei crudeli dictat imposti in nome della salvezza.
Nel mondo di It comes at night è in corso una non meglio specificata epidemia mortale. Di essa viene mostrato ben poco: intuiamo solo che ha chiari sintomi fisici e che è altamente contagiosa, quasi più della paranoia che si diffonde rapida nella mente dei protagonisti. Che sono tre – madre, padre, figlio – e vivono in una casa isolata in mezzo al bosco. L’imperativo assoluto è di non uscire mai la notte, il luogo in cui si rifugia la paura, di non fidarsi mai di nessuno, di non allontanarsi mai da soli. Tutte norme di buon senso, se vogliamo, che generalmente vengono ignorate nei film horror, per dare la precedenza alla soddisfazione dello spettatore nel vedere morire i personaggi.
Questo film però non vuole essere ruffiano, nemmeno un po’. Né assecondare la curiosità di chi si chiede cosa stia succedendo e perché. Non che succeda molto, perché il cambiamento viene vissuto come un evento traumatico e negativo.
Inutile dire che, quando durante la notte qualcuno fa irruzione nella casa della nostra famigliola fobica (che non ha nemmeno un cognome), le cose iniziano a degenerare. E se la casa non sembra più quel luogo sicuro per nascondersi dal buio, l’esterno fa più paura di prima. Ma l’intruso è un essere umano come loro, un giovane padre in cerca di acqua e provviste per la sua famiglia. Un potenziale alleato ma soprattutto un individuo da tenere vicino, affinché non parli a nessuno della casa sicura e piena di provviste trovata in mezzo al bosco. E se lui o la sua famiglia fossero contagiosi?
It comes at night è un film che utilizza in maniera originale un topos vecchio come il mondo, quello della paura degli “estranei”, che con un azzeccato processo di sottrazione basato sul non detto e sul non visto fa vibrare la spina dorsale, dimostrando come la paura sia l’agente patogeno più pericoloso di tutti, specialmente quando sembra provenire dall’esterno, mentre è sempre stato accovacciato negli anfratti della mente, con gli incubi a fare da cerniera tra una paranoia e l’altra.
2 pensieri riguardo “It comes at night: dove c’è paranoia, c’è casa”