Non è facile essere un regista completamente pazzo, avere la malsana idea di fare un film con Anne Hathaway e allo stesso tempo pochissimi soldi per realizzarlo.
Il risultato non potrà che essere una pellicola che sfocia nel delirio: è ciò che accade in Be my cat: A film for Anne del rumeno Adrian Tofei, film brillante e per qualche motivo non troppo sdoganato che racconta le peripezie malate di un regista seriamente intenzionato a girare un film con l’attrice che ci ha regalato interpretazioni memorabili in capolavori del cinema quali “Pretty Princess”, “Il diavolo veste Prada” e “Appuntamento con l’amore”.
Il vero regista, Adrian Tofei, è anche l’attore principale del suo film. Nel quale interpreta il ruolo di un regista che è anche l’attore principale del proprio film. Così, per evitare qualsiasi confusione. Il regista Adrian – quello del film, non quello reale – è ossessionato da Anne Hathaway, che vorrebbe assoldare per la sua prossima pellicola. Ma come fare a convincere una star di Hollywood a volare in un paese economicamente depresso dell’Europa dell’est per girare un film con un perfetto sconosciuto? Adrian, specializzato nel problem solving, ha già un’idea geniale in saccoccia: videocamera alla mano, filma sé stesso e alcune ignare aspiranti attrici locali – convinte di dover girare un film ma in realtà assoldate solo per una presunta somiglianza con l’attrice americana – per dimostrare le proprie capacità registiche e attoriali alla Hathaway inviandole il materiale girato.
Come tanti registi, Adrian ha un temperamento a dir poco collerico nonché un carattere di merda; egli è inoltre completamente pazzo e finisce con il torturare e uccidere le attrici, colpevoli di non essere all’altezza del loro ruolo, dimostrando sul piano esecutivo quel guizzo creativo geniale tipico delle menti disturbate (e dei migliori film-maker).
Be my cat è uno dei pochi found footage degli ultimi anni a non fare schifo e che non mi stancherò mai di consigliare a chiunque, nonché un eccellente ritratto del disagio mentale calato in un contesto estremamente realistico. Il regista (quello vero, stavolta) tira fuori il meglio da un budget bassissimo, abbinando idee originali a un legittimo uso di una strumentazione povera abbinata a scelte registiche “amatoriali”: il suo personaggio è un individuo mentalmente instabile e il suo sguardo è completamente scollato dalla realtà. Non stupisce quindi che anche la sua creatura cinematografica ne risenta.
PS: Mi sono sempre chiesta se il regista, quello vero, abbia mai incontrato la Hathaway per poterle mandare il film. A quanto pare no, e non ha avuto nemmeno grande fortuna con la distribuzione. Su Change.org c’è una petizione per fare in modo che il sogno più malato del cinema contemporaneo si avveri: sapete cosa fare.
1 commento su “Be my cat, un ottimo horror per Anne Hathaway (in cui per fortuna non compare mai)”