Deathgasm: metal is the way (to summon a demon)!

 

Non si può parlare di un film divertente e un po’ cazzone in maniera noiosa e seria, quindi prima di procedere con le spiegazioni di rito, è indispensabile fare una premessa per entrare nel mood:

BRUTAL!

Ah, l’adolescenza! Quella fase che abbiamo attraversato tutti, fatta di disagio, bullismo, momenti imbarazzanti e accidentali evocazioni demoniache. Forse qualcuno obietterà dicendo di non aver mai avuto a che fare col bullismo, in quegli anni difficili, o con i demoni. Invece i protagonisti di Deathgasm, la commedia horror del neozelandese Jason Lei Howden al suo debutto registico, sì.

Ma è innanzitutto tutto un grande omaggio alla musica metal, Deathgasm: ci sono i poster appesi alle pareti, ci sono le prove col gruppo in garage, gli infiniti di battiti sulla scelta del nome per la band, i pomeriggi trascorsi nel negozio di dischi, ci sono gli immancabili stereotipi legati a questo mondo, trattati con la bonarietà tipica di chi ne fa parte però, e tutta una serie di riferimenti che, va detto, chi non ascolta metal difficilmente potrà cogliere.

Ma a mettere d’accordo tutti c’è anche tanto sano splatter/ gore, che ricorda un po’ Bad Taste e un bel po’ Paura nella città dei morti viventi, c’è una gran dose di humor demenziale a fare capolino in ogni dove, c’è tanta musica (metal, ça va sans dire), c’è un’ apocalisse demoniaca e soprattutto ci sono dildo e vibratori utilizzati in maniera innovativa.

La trama del film gira intorno alle disavventure di Brodie, adolescente metallaro appena trasferitosi nel noioso paesino di Greypoint, tormentato da due zii bigotti che tentano di battezzarlo nel sonno e da un cugino bullo che lo riempie di botte in ogni occasione.
Dopo aver stretto amicizia con altri due emarginati i cui passatempi preferiti sono i gdr e venire a loro volta bullizzati pesantemente, il nostro conosce Zakk, altro giovane metallaro che incarna lo stereotipo del perfetto imbecille: rozzo, egoista, caotico, immorale, poco di buono. E poi c’è Medina, la tipica biondina-che-sta-col-figo-della-scuola ma che per qualche inspiegabile ragione si sente attratta da Brodie. I quattro ragazzi formano una band, i Deathgasm appunto, ed entrano in possesso di un oscuro spartito musicale. Suonandolo, evocano inavvertitamente un potentissimo demone che porterà morte e distruzione in tutto il paese, possedendone gli abitanti. A rimettere a posto ogni cosa dovranno pensarci, loro malgrado, i cinque adolescenti: ma, nel pieno rispetto dello spirito di una commedia che gioca con gli stereotipi, si tratterà di un riscatto dei perdenti che in maniera esplicitamente retorica si trasformano in eroi pasticcioni dalle capacità notevolmente ridotte.

Deathgasm vince su tutti i piani perché ironizza e autoironizza, perché gioca con i cliché dell’horror e del metal con rispetto e intelligenza, senza smontarli ma plasmandoli in maniera funzionale al gioco, perché regala effetti speciali di ottima realizzazione (Lei Howden siede per la prima volta sullo scranno da regista, sì, ma ha lavorato ai visual effects di grosse produzioni, e si vede). Perché non banalizza i suoi personaggi cercando a tutti i costi rifugio dallo spauracchio della bidimensionalità, ma fa di questa il motore comico attivo dell’intera vicenda. È un vero peccato che del sequel, intitolato Deathgasm part 2: Goremageddon, annunciato due anni fa ma arenatosi in fase di pre-produzione, non si sia saputo più nulla.

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