Esiste al mondo qualcuno che non abbia mai visto né sentito parlare del film Groundhog Day (Ricomincio da capo)? Probabilmente no, tranne la protagonista di Happy Death Day, uscito in Italia col titolo Auguri per la tua morte, che tira fuori un easter egg dalle proporzioni notevoli ammettendo candidamente in una battuta di non avere idea di cosa sia questo film sul giorno della marmotta.
Date le premesse, dovrebbe essere chiaro quale sia il principio portante della trama di Happy Death Day: la studentessa Tree Gelbman (interpretata dalla brava Jessica Rothe) rivive in loop sempre la stessa giornata, che è anche il giorno del suo compleanno, che è anche il giorno in cui viene uccisa. Ogni giorno Tree si sveglia nel medesimo luogo, nel medesimo modo e vede accadere le medesime cose. Inesorabilmente, a fine giornata morirà uccisa da qualcuno: non importa quanti tentativi faccia per provare a cambiare la sua sorte e giungere illesa a un domani che non esiste, in un buffo contrappasso per una vita da universitaria che indugia in eccessi alcolici, azioni sconsiderate e cattiverie gratuite proprio come se non ci fosse un domani.
In Groundhog day il protagonista trova finalmente pace nel momento in cui smette i panni da cinico egoista e riesce ad amare in maniera totale e sincera, mettendo fine al cortocircuito temporale nel quale finisce per ragioni apparentemente ignote. In Happy Death day, analogamente, il cammino personale della bionda tutta pepe ha un’importanza cruciale: smettere di essere una stronza per un giorno non le risparmierà una morte violenta a fine giornata, ma è l’unico modo per intraprendere un cammino di redenzione e consapevolezza che la renda meno vulnerabile e che le consenta di risolvere una serie di conflitti interiori e traumi non elaborati che le impediscono di andare avanti con la sua vita. E per scoprire chi sia il suo assassino, chiaramente.
Tree è quindi sola in una lotta contro il tempo che non scorre e s’inceppa, un po’ come il meccanismo narrativo del film. Tra piccole gag e momenti non esattamente aulici (si tratta pur sempre di una commedia horror), la storia arranca senza sussulti né sorprese – ma senza mai annoiare, perché è un film complessivamente ben fatto e stiamo pur sempre parlando di una produzione Blumhouse – sino alle scene conclusive, in cui finalmente arriva un timido plot twist che però chiunque abbia mai guardato uno slasher comprensivo di villain mascherato, o un episodio di Scooby Doo, deve necessariamente aspettarsi.