Sì, ci sono spoiler. E sì, sono parecchio rilevanti sulla trama.
Quando nel 1962 Carnival of Souls di Herk Harvey venne presentato al pubblico dopo una lavorazione complessiva di ben cinque settimane e l’impiego di un budget parecchio modesto, pare non abbia destato grande entusiasmo tra i critici. In compenso è poi piaciuto molto a George Romero, David Lynch, a Roman Polanski e persino a Tim Burton e M. Night Shyamalan, che non hanno perso occasione di citarlo in maniera più o meno esplicita nelle loro pellicole.
C’è qualcosa di mesmerizzante in un film che racconta una storia semplice in maniera essenziale riuscendo a spaventare e a rimanere impresso nella memoria con scene dalla portata iconica: in Carnival of Souls sembra non succedere nulla e di essere sospesi in una dimensione onirica, per un’ottima ragione. Perché lo si è davvero, anche se lo si scopre solo alla fine.
Una macchina sbanda su un ponte e cade a picco in un fiume, dal quale riemerge illesa solo una ragazza – Mary Henry – tremula e traumatizzata. Di lei sappiamo poco, se non che suona l’organo nelle chiese per professione, che vive un certo scollamento emotivo rispetto al mondo e che dopo l’incidente inizia a essere perseguitata da un individuo dall’aspetto cadaverico e a provare una strana attrazione per un capannone da circo abbandonato. Mary vive la sua nuova e strana vita tra uno spavento e l’altro: il terribile uomo cadavere, visibile a lei soltanto, la segue ovunque.
Mentre la gente intorno sembra a volte non vederla né sentirla, come se fosse un fantasma, Mary è sospesa tra il mondo dei vivi e quello dei morti ma non se ne rende conto e prova terrore nell’essere circondata da un silenzio innaturale e nel vedere riflessa la propria condizione sul volto degli altri. Nella dimensione in cui vive, nulla sembra funzionare in maniera normale pur funzionando normalmente, come in una perfetta ma inquietante copia statica della realtà, nulla sembra essere al posto giusto perché è Mary a trovarsi inconsapevolmente nel posto sbagliato. Così perde il lavoro, la macchina, il contatto con le persone e col mondo, vaga come un’anima in pena cercando rifugio in quel tendone abbandonato in cui le anime dei morti si riuniscono per danzare e vagare e chiamarla a sé.
Carnival of Souls somiglia a una lunga puntata di Ai confini della realtà, la storica serie televisiva con vocazione sci-fi e horror che ha regalato tanti incubi a chiunque l’abbia guardata nel corso di tre generazioni. E un legame piuttosto forte con The Twilight Zone c’è davvero: al di là delle atmosfere inquietanti e surreali, il tema del sogno inconsapevole durante il passaggio tra la vita e la morte è presente nella 142esima puntata della serie, intitolata “An occurrence ot Owl Creek bridge” (una puntata atipica per inciso, un cortometraggio francese uscito nel 1962, ispirato a un vecchio racconto antologico e proposto al pubblico americano all’interno dello show di Rod Serling).
Ma è nella sedicesima puntata di Ai confini della realtà, intitolata The Hitch-Hiker, del 1960, che si scorgono evidenti affinità con la pellicola realizzata due anni dopo: una giovane donna viene seguita da un inquietante autostoppista- stalker nel corso di un lungo percorso in macchina. Un uomo che solo lei sembra vedere e che solo alla fine si rivelerà essere la morte, compagna di un viaggio iniziato ben prima di quanto la stessa donna avesse inteso.
Impossibile non avere una costante sensazione di deja-vu quando si guarda un film che è stato poi in qualche modo ripreso in tante altre e ben più famose pellicole: è nella camminata e nei sorrisi gelidi dei morti viventi di Romero, è nello sguardo fisso dell’Uomo Misterioso di Lost Highway, nelle agghiaccianti scene finali di Mulholland Drive e più in generale nell’idea lynchiana di sogno come dimensione privilegiata del racconto, è in certi spunti di Repulsion e nell’aspetto cadaverico dei personaggi di Tim Burton, è nei morti che non sanno di esserlo de Il Sesto Senso e chissà in quanti altri piccoli dettagli di altrettanti film, tutti debitori di Carnival of Souls che nonostante una fama da midnight movie e un cast di attori non professionisti era – e rimane – una delle pellicole horror più spaventose nella storia del cinema.
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