LA PAURA FA NOVANT(‘ANNI): IL LONGEVO DECORSO DELL’HORROR GERIATRICO

Inutile girarci intorno, la vecchiaia a molti fa paura: è il biglietto da visita del Tristo Mietitore, è l’anticamera della decomposizione, è un corridoio a senso unico che conduce lontano, dove ci si può sempre girare per guardare indietro ma mai ritornare sui propri passi. Sarà per questo che la presenza di anziani inquietanti e malèfici nei film dell’orrore è in vertiginoso aumento negli ultimi anni, in un periodo in cui si inizia ad avvertire, metaforicamente parlando, l’approssimarsi di una fine collettiva con la sensazione che ad invecchiare, deteriorarsi e morire possa essere l’intera umanità.
Tra vecchi sadici, decrepite indemoniate e vetusti malvagi, ecco una selezione di film horror con protagonisti anziani cattivissimi e nonnette da paura.

ANYTHING FOR JACKSON
( Stati Uniti, 2021 – regia di Justin G. Dyck)

I coniugi Audrey e Henry conducono una vita all’apparenza impeccabile: lei benestante signora al passo coi tempi, lui medico di lunga esperienza, alla domenica in chiesa, il prato ben curato. Ma in un crescendo di rivelazioni stranianti, si scopre che i due sono entrati a far parte di un gruppo di satanisti, hanno rapito una donna incinta e sono entrati in possesso di un grimorio antichissimo, al solo scopo di perfezionare un’evocazione demoniaca che possa far tornare in vita il loro amato nipotino Jackson, morto in tenerissima età. Ovviamente tutto ciò che potrà andare storto lo farà, mentre invece il film – nonostante il titolo poco accattivante – funziona benissimo, con un perfetto equilibrio tra umorismo e cupezza, consegnando allo spettatore parecchi momenti di puro terrore misti ad altri di sapiente leggerezza. Anything for Jackson è un horror sorprendentemente ben fatto, in cui i nonni satanisti alle prese con demoni, spiriti inquieti, vicini di casa impiccioni, apparizioni orride, fiumi di sangue e il corretto uso delle app del cellulare sono al contempo villain, eroi, antieroi, vittime e carnefici. Piccola perla del 2021.


AN ENGLISH HAUNTING
(Regno Unito, 2020 – regia di Charlie Steeds)

L’anziano Mr. Clemonte, patriarca di una grande tenuta nobiliare in decadimento, sta per morire e così la figlia e il nipote si trasferiscono nella grande magione per assisterlo negli ultimi momenti, benché il vecchio sembri oramai incapace di muoversi, parlare, ascoltare o interagire. Non tarderanno ad arrivare gli immancabili rumori notturni, i sussurri invisibili e gli oggetti semoventi che ogni vecchia casa britannica che si rispetti deve avere. Ma ben presto il nipote di Clemonte scoprirà alcuni terribili segreti riguardanti il passato del nonno, il presente della casa e il suo stesso futuro. An English Haunting è un film con un’atmosfera quasi gotica ma dall’intensità altalenante: all’ottima resa degli ambienti paurosi della grande villa in cui è ambientato, fa da contrappunto una narrazione troppo sbrigativa ed evanescente dei personaggi. A proposito di personaggi, uno di loro a un certo punto declama dei versi in lingua italiana: sta recitando A Satana” di Giosuè Carducci.

RELIC
(Australia 2020, regia di Natalie Erika James)

I comportamenti sempre più eccentrici ed erratici di un’anziana donna preoccupano la figlia e la nipote, che provano a prendersene cura in una grande casa i cui sinistri scricchiolii e l’aria decadente non sembrano semplici conseguenze dell’incuria domestica, ma inquietanti echi di orribili avvenimenti.
Viene quasi spontaneo paragonare a Babadook dell’australiana Jennifer Kent questa elegante e ben riuscita opera prima di una regista -anch’essa australiana – alle prese con l’horror autoriale, con l’ambiguità di un finale aperto e con il mostruoso a simboleggiare un terrore emotivo legato alla dimensione materna e femminile.
In Relic entrano però in scena la paura dell’invecchiamento, le idiosincrasie e le tare ereditarie tramandate di generazione in generazione e raccontate attraverso la metafora della casa-corpo, in continuo deteriorarsi proprio come il tessuto epiteliale, le ossa, gli organi della matriarca, colta nell’inesorabile transizione in uno stadio dell’esistenza che è un misto di regressione all’infanzia e viaggio verso l’ignoto.

THE DARK AND THE WICKED
( Stati Uniti, 2020 – regia di Bryan Bertino)

Un’ombra di morte e di Male, imperscrutabile eppure tangibile, cala su una sperduta fattoria texana e sulle vite dei suoi anziani tenutari. All’angoscia per l’approssimarsi sempre più evidente della fine si unisce la paura allo stato puro per il verificarsi di alcuni terrificanti e inspiegabili avvenimenti ai quali assisteranno i figli dei due contadini, giunti al capezzale del letto paterno per l’ultimo saluto. Uno dei film più spaventosi del 2020. →Leggi qui la recensione completa del film.  

VFW
(Stati Uniti, 2020 – regia di Joe Begos)
Il VFW Post 2494 di Irving, Texas è un circolo dei veterani di guerra che hanno combattuto all’estero e che la sera si trovano a condividere bottiglie e ricordi. Tutt’intorno al bar regna una squallida desolazione post-urbana, fatta di edifici fatiscenti abbandonati, povertà diffusa e popolata da simil-zombie punk mutanti che rispondono unicamente al richiamo dell’Hype,  una nuova potentissima droga in circolazione. Nel momento in cui una ragazzina in cerca di giustizia ruba tutta la scorta di hype dal covo del boss locale, rifugiandosi proprio al circolo dei veterani, questi si ritrovano loro malgrado a combattere una nuova guerra in difesa del loro avamposto, assediato da orde di mutanti incazzati e violenti, in un tripudio di scene splatter e rimandi cinematografici di un certo spessore… →Leggi qui la recensione completa del film

SATOR
(Stati Uniti, 2020 – regia di Jordan Graham)

Sator è una storia ispirata ai reali trascorsi familiari del regista, che ha scritto, prodotto, diretto, montato e curato nel corso di circa sette anni un racconto ambientato nelle profondità boschive americane, tra ululati del vento, sonorità inquietanti e bizzarre testimonianze di scrittura medianica, dando vita a un film personale e sofferto, dalla struttura lenta e colmo di misteriosi rimandi. Al centro della scena, registrazioni e appunti presi dalla nonna, che si dichiara in contatto con Sator, un’entità oscura, potente e molto pericolosa. → Leggi qui la recensione completa del film.

SPELL 
(Stati Uniti, 2020 – regia di Mark Tonderai)

La regione degli Appalachi, quel conglomerato di villaggi rurali, montagne, profonda depressione economica, minoranze etnico- religiose e curiose ibridazioni culturali, è la remota location di una stramba vicenda di magia nera campagnola, o meglio, di hoodoo montanaro: un uomo si risveglia, ferito e solo, in una casa che non è la sua, tra volti che non conosce. Ha fatto un incidente aereo mentre era in volo verso un villaggio appalachiano, diretto al funerale del padre. Il suo piede è rotto, il suo telefono è andato perduto, la sua famiglia è dispersa chissà dove. E le amorevoli cure dell’anziana signora Eloise, autoproclamatasi infermiera guaritrice, cederanno ben presto il passo a farneticanti deliri mistico-religiosi, a piccoli ma stupefacenti rituali hoodoo e a una malcelata smania di portare a compimento un’oscura cerimonia.

MATRIARCH
(Regno Unito, 2018 – regia di Scott Vickers)

Una giovane coppia in attesa di un di figlio rimane impantanata, come da tradizione, nel bel mezzo della campagna inglese e, come da tradizione, viene gentilmente ospitata da una famiglia più che disfunzionale le cui redini vengono tenute dalla matriarca che dà il titolo al film, un’adorabile anziana specializzata nel plagio mentale dei bambini che rapisce e tiene per sé dopo averne ucciso i veri genitori: insomma, cosa non si farebbe per i figli, in questo caso quelli altrui! Si tratta di un film incredibilmente ben riuscito, se si considera il modestissimo budget di realizzazione, nonché molto crudele e disturbante.

THE WITCH IN THE WINDOW
Stati Uniti, 2018 – regia di Andy Mitton

Una casa comprata a basso costo perché dentro c’è morto qualcuno (una vecchia strega, dicono le malelingue), la famigliola non troppo felice che va a viverci per ricominciare una nuova vita, e subito arrivano gli scricchiolii in cantina, le voci in notturna, i momenti da paura. Sembra la solita vecchia brodaglia riscaldata e proposta per l’ennesima volta e forse in parte lo è. Ma il modo in cui è girata, rende questa pellicola diversa e inaspettatamente godibile. 

GRANNY OF THE DEAD
(Regno Unito, 2017 – regia di Craig Tudor)

Non poteva mancare, in questa collezione, un’apocalisse zombi anziana: il contagio inizia in un paesino del Galles, non si sa bene come né perché. Sembra centrare un qualche demone, ma la questione non viene approfondita da nessuno. E sembra che il morbo colpisca solo i più anziani, che si trasformano ben presto in lentissimi, acciaccati ma ostinati morsicatori seriali. Un gruppo di adolescenti prova a salvare il salvabile, con scarsi risultati. Granny of the dead è una commedia horror che, nonostante il bassissimo budget e dei limiti evidenti nella messa in scena e nella recitazione, mantiene una parvenza di dignità. Fa il paio con il più famoso London Zombies (Cockneys vs Zombies) di Matthias Hoene, anch’esso girato nel Regno Unito, anch’esso incentrato su un’epidemia zombie e ambientato in una casa di riposo, dove gli anziani metto in atto un’esilarante resistenza contro i non-morti.

GEHENNA: WHERE DEATH LIVES
(Giappone/Stati Uniti, 2018 – regia di Hiroshi Katagiri)

La città di Saipan, nelle isole Marianne, durante la seconda guerra mondiale fu luogo di contesa territoriale e scontri sanguinosi tra statunitensi e giapponesi, culminati con la sconfitta di questi ultimi e migliaia di suicidi tra militari e civili nipponici e indigeni. I protagonisti di questo film incappano per puro caso e loro malgrado in un vecchio bunker militare risalente al quel periodo lì, dove qualcuno di parecchio anziano sembra ancora dimorare…

THE VISIT
(Stati Uniti, 2015 – regia di M. Night Shyamalan)

Due ragazzini vanno a trascorrere le vacanze a casa dei nonni che non vedevano da lungo tempo: gli anziani iniziano ben presto a sfoggiare comportamenti sempre più bizzarri, inquietanti e pericolosi. Le assurdità dette e compiute da Nana e Pop Pop vengono immortalate nelle registrazioni amatoriali dei ragazzini, intenzionati a girare un film. Ottima opera di Shyamalan – inspiegabilmente criticata da taluni – e ottimo divertissement sul found footage.

THE SIDEWAYS LIGHT
(Stati Uniti, 2014 – regia di Jennifer Harlow)

Lily torna a casa della madre, affetta da una grave forma di demenza senile, per prendersene cura. Più i ricordi, le parole e le azioni dell’una si sfilacciano in frammenti privi di senso, più quelli dell’altra iniziano a tormentarla, ricomponendosi in una realtà parallela cupa e infelice, tutta spaventi e allucinazioni. E se non fossero solo allucinazioni? E se esistesse un legame ereditario, di predestinazione, tra Lily, la madre, la nonna e le loro percezioni? E se la morte ci rendesse solo invisibili fantasmi che proseguono il loro cammino esattamente da dove lo avevano interrotto? The Sideways Light non è un horror, eppure racconta l’angoscia della vita che volge al termine e dell’assistere al deterioramento cognitivo di una persona amata tanto bene da fare paura.


THE TAKING OF DEBORAH LOGAN
(Stati Uniti, 2014 – regia di Adam Robitel)

Un documentario sul divorante progredire dell’Alzheimer in una donna di nome Deborah. Una serie riprese studiate, concordate e montate per catturarne gli spaventosi e inesorabili cambiamenti fisici e mentali. In un crescendo di comportamenti inquietanti e problematici, le videocamere assistono al mostruoso deterioramento nel corpo e nella mente della signora Logan, mentre si fa strada in chi vi assiste il dubbio che oltre alla malattia, qualcosa di più oscuro possa essersi impossessato di lei. The taking è un film che comincia con le migliori intenzioni ma che poi pasticcia nel tentativo di sconvolgere, assicurando comunque una discreta quantità di spaventi e un utilizzo legittimo della tecnica found footage.

Rigor Mortis (Il cacciatore di vampiri)
[Hong Kong 2013, regia di Juno Mak)

C’è un grande condominio in cui sembra accadere di tutto: un uomo torna in vita subito dopo essersi impiccato, una donna vede due spiriti in giro per i corridoi, un cacciatore di vampiri aspetta il momento giusto per entrare in azione e soprattutto, un’anziana signora pratica un pericoloso rituale per riportare in vita l’adorato marito appena defunto. Le cose si complicano parecchio nel momento in cui i destini di questi e altri personaggi si ingarbuglieranno gli uni con gli altri, dando vita a un glorioso pastiche di scene dal forte impatto visivo, momenti tragicomici, effetti speciali buzzurri e combattimenti di arti marziali. Il cacciatore di vampiri dovrà affrontare ognuno dei pericolosi nemici ultraterreni, e il boss finale sarà proprio l’anziano resuscitato e carico di magia nera.

THE LAST WILL AND TESTAMENT OF ROSALIND LEIGH
(Canada 2012- regia di Rodrigo Gudiño)

Un ragazzo eredita dalla madre tanti strani cimeli ma soprattutto tanti ricordi, tutti ben custoditi in una casa dall’arredamento sinistro in cui nulla è ciò che sembra e dove trascorrerà parecchio tempo a vagare tra le stanze, incuriosito e sempre più coinvolto da certe strane registrazioni su nastri e video lasciate dalla madre, a raccontare attraverso monologhi un passato colmo di solitudine e tristezza. L’anziana Rosalind Leigh esiste solo in absentia, dopo la sua morte, attraverso flashback e apparizioni, riuscendo ciononostante a permeare l’intera pellicola con la sua presenza.
Film commovente e tetro, essenziale e intenso.


THE HOUSE OF THE DEVIL
(Stati Uniti, 2009 – regia di Ti West)

Samantha è giovane studentessa a corto di soldi che per far fronte alle spese accetta una singolare proposta di lavoro da un’eccentrica coppia di anziani: fare da “babysitter” a una solitaria e silenziosa nonnina che vive reclusa nelle proprie stanze, senza mai uscirne. Nulla di impegnativo da fare, se non presenziare per qualche ora in una grande lussuosa casa fuori città, in cambio di una paga incredibilmente alta. Cosa potrà mai andare storto? The house of the devil è un riuscitissimo omaggio al cinema horror degli anni Settanta e Ottanta (e a Polański), dove a ottime trovate sceniche si accompagna un’altrettanto eccellente resa in termini di suspance.


IL NASCONDIGLIO
(Italia, 2007 – regia di Pupi Avati)

Dopo essere rimasta vedova e aver trascorso parecchi anni in una clinica psichiatrica, una donna prova a farsi una nuova vita acquistando e ristrutturando una villetta dove tempo addietro sono avvenuti, ovviamente, fatti molto oscuri e luttuosi. La donna trascorre la maggior parte del tempo completamente da sola all’interno della proprietà, iniziando però ben presto a sospettare di essere in compagnia. Un ritorno di Avati all’horror da brivido, con annessa vecchietta spaventosa.

THE SKELETON KEY
[Stati Uniti, 2005 – regia di Iain Softley]

L’infermiera Caroline viene ingaggiata in casa dei coniugi Deveraux per assistere e prendersi cura dell’anziano padrone di casa, reso muto e paralitico da un ictus. Col passare dei giorni, appare sempre più evidente che quella casa e i due anziani che la abitano stiano nascondendo segreti parecchio oscuri e pericolosi collegati alla pratica dell’hoodoo, una forma di magia popolare parecchio in voga nel sud degli Stati Uniti, coi quali la giovane dovrà fare i conti. Film dai ritmi serrati con protagonisti vecchietti dalle mille risorse.

BUBBA HO-TEP
(Stati Uniti, 2003 – regia di Don Coscarelli)

In base ad alcune teorie, Elvis Presley e John Fitzgerald Kennedy non sarebbero davvero morti ma condurrebbero in gran segreto una vita normale, ben mimetizzati in luoghi imprevedibili. Nessun eccessivo stupore dunque nel ritrovarli, invecchiati e pensionati, in una triste casa di riposo: Elvis con indosso un costume da imitatore di Elvis, il miglior travestimento possibile negli Stati Uniti; JFK, con un più deciso cambio di connotati, è un afroamericano fortemente convinto della propria identità.
I due dovranno allearsi per combattere una pericolosa mummia egizia che nella casa di riposo inizia a far strage di anziani, risucchiando via le loro anime in maniera piuttosto singolare, attraverso l’orifizio anale.
Non saranno mai abbastanza le parole spese per dire quanto Bubba Ho-Tep. con l’interpretazione magistrale di Bruce Campbell nel ruolo di Elvis e una regia che non fa una piega, sia una delle migliori horror comedy in cui possa capitare di imbattersi nella propria vita.

THE HOUSE ON TOMBSTONE HILL (ma anche “The dead come home”, ma anche “Dead dudes in the house”)
(Stati Uniti, 1989 – regia di James Riffel)

Il tristemente noto binomio che vede una comitiva di giovinastri all’interno di una vecchia casa malridotta acquistata a un prezzo inverosimilmente basso non può che dare, come risultato, un gran bagno di sangue. Soprattutto se uno dei suddetti giovinastri distrugge la lapide tombale della precedente proprietaria, un’anziana dal passato oscuro. Soprattutto se l’anziana, offesa per il danno alla sua lapide, torna tra i vivi a spargere morte e sofferenza. Soprattutto se la casa sembra essere dotata di poteri psicocinetci e sembra voler a tutti i costi imprigionare i ragazzi e farli tornare in vita . Nonostante il budget scarno, buone idee e buoni effetti prostetici.

GRANDMOTHER’S HOUSE (Quella strana casa)
(Stati Uniti, 1988 – regia di Peter Rader)

Due adolescenti rimasti orfani si trasferiscono a casa degli amorevoli nonni, in California. Che gli anziani talvolta assumano comportamenti sopra le righe è risaputo, ma vederli confabulare misteriosamente, trascinare via di casa qualcosa che assomiglia parecchio a un cadavere, e nascondersi nello scantinato, rende sospettosi i nipoti, sempre più convinti di trovarsi al cospetto di due assassini. E invece è molto peggio di così.
Nonostante la recitazione e la realizzazione siano di livello decisamente non eccelso, quasi da sceneggiato televisivo, Quella strada casa premia chiunque abbia la pazienza di guardarlo fino alla fine con svariati colpi di scena, piuttosto cupi e inaspettati.

FLOWERS IN THE ATTIC (Fiori nell’attico)
(Stati Uniti, 1987 – regia di Jeffrey Bloom)

Il progetto di vita di una donna rimasta vedova consiste nel tornare a vivere nella grande villa nobiliare dell’anziano padre, rientrare nelle sue grazie dopo anni di ostilità così da essere nuovamente inclusa nel testamento e trascorrere nell’agiatezza gli anni a venire. Unico piccolo dettaglio: i suoi quattro figli non dovranno mai essere visti dal nonno e dovranno vivere segregati in soffitta, vessati dalle sadiche angherie della nonna e negletti dalla madre, che finirà col disinteressarsene e lasciarli a marcire nell’attico. Film drammatico, non horror ma tendente al macabro.


AMERICAN GOTHIC (La casa degli orrori)
(Regno Unito/Canada 1987, regia di John Hough)

Dopo un periodo trascorso in una clinica psichiatrica per riprendersi dal trauma di aver visto morire il figlio neonato tra le proprie braccia, Cynthia parte con marito e amici per un campeggio avventuroso tra i boschi di Cascadia, un’incantevole zona lambita dall’oceano Pacifico compresa tra il Canada e l’Oregon. Costretti a un atterraggio di emergenza in un’isoletta sconosciuta, i nostri scoprono che gli unici abitanti del luogo sono due vecchietti, il cui mobilio di casa è rimasto fermo agli anni Quaranta dello scorso secolo. Anche la loro mentalità, improntata a un certo puritanesimo montanaro e a un atteggiamento di rigetto del progresso, è rimasta parecchio indietro. Così come i loro tre figli, adulti di mezz’età convinti di essere dei bambini. L’eccentricità di questo pittoresco nucleo familiare lascerà ben presto il posto alla furia omicida dei bambinoni, l’ospitalità concessa si tramuterà in sequestro di persona e caccia all’uomo, in un’inesorabile discesa nei più folli anfratti della mente umana.

MOUNTAINTOP HOTEL MASSACRE
(Stati Uniti, 1983 – regia di Jim McCullough Sr.)

Il topos della donna anziana dimessa dopo tanti anni da un ospedale psichiatrico ma mai realmente ristabilitasi continua a mietere vittime: in questo caso all’interno di un isolato motel nel quale avranno la sfortuna di alloggiare una coppia di sposini, un ex prete alcolizzato, un operaio caduto in disgrazie e due giovani cantanti col loro produttore. A gestire il Mountaintop è la signora Evelynn, il cui già precario equilibrio mentale viene meno con l’uccisione della propria figlia, colta in flagrante durante un’evocazione spiritica. Lo spirito inquieto dell’adolescente, rimasto intrappolato nel luogo del delitto, sostanziandosi in continui sussurri e apparizioni allucinatorie, condurrà l’anziana donna a uccidere gli avventori del motel uno dopo l’altro.
Uno slasher a basso budget senza infamia né lode dai toni dimessi, ma parecchio cupi.

NEXT OF KIN
(Australia, 1982 – regia di Tony Williams)

Linda eredita dalla madre una grossa villa adibita a casa di riposo e anche un pesante fardello di intricati affari di famiglia. Dopo aver rinvenuto i diari compilati dalla madre nel corso degli anni e dopo il verificarsi di morti, sparizioni e riapparizioni di alcuni anziani residenti della villa, Linda si rende conto che quel luogo nasconde svariati misteri, e che quelli registrati tra vecchie pagine sotto forma di ricordi si rivelano invece fosche previsioni di qualcosa che avverrà. Next of kin è un film tanto scarsamente conosciuto quanto ben realizzato.

LA NUIT DE LA MORT! (aka Night of death)
(Francia, 1980 – regia di Raphaël Delpard)

La giovane e bella Martine trova lavoro come infermiera in una casa di riposo di campagna, dove gli anziani residenti mostrano sin da subito comportamenti tra il bizzarro, l’eccentrico e il preoccupante. Tutti loro si professano rigidi vegetariani, eppure non disdegnano periodici banchetti a base di carne umana fresca, contando sul puntuale approvvigionamento derivante da un frequente e verosimile ricambio di giovani e belle infermiere nella casa di riposo. A complicare il tutto, la minacciosa presenza di un serial killer che si aggirerebbe nei territori circostanti.

BURNT OFFERINGS (Ballata Macabra)
(Stati Uniti, 1976 – regia di Dan Curtis)

La famiglia Rolf prende in affitto per i mesi estivi, a un prezzo incredibilmente basso, una grande casa di campagna. Le uniche condizioni imposte dagli anziani padroni di casa sono di prendersi scrupolosamente cura dell’abitazione e di provvedere ai pasti della vecchia signora Allardyce, che vive nella loro soffitta, senza mai uscirne e senza contatti con l’esterno. Chiunque sano di mente avrebbe rifiutato di occupare una casa in cui dimora un altro essere umano senza mai incontrarlo, eppure la magione esercita un misterioso e irresistibile fascino, soprattutto sulla signora Rolf. Ben quattro anni prima che Shining sfatasse definitivamente il mito del custode stagionale come impiego sereno e vantaggioso, e con alcune affinità di fondo con l’opera di Stanley Kubrick – come la località isolata, la connessione di interdipendenza tra l’abitazione e l’abitante, la figura del pater familiae in crisi – ci aveva insomma pensato Dan Curtis ad ammonire: non entrate in quella casa, non salite in quella soffitta, non accettate quel lavoro e, soprattutto,non fidatevi di quei vecchi.

HOMEBODIES (Criminali in pantofole)
(Stati Uniti, 1974 – regia di Larry Yust)

Gli abitanti di un intero quartiere di case popolari vengono sfrattati dalle loro abitazioni e ricollocati altrove senza troppi complimenti a seguito di un progetto di gentrificazione e rinnovo del quartiere. Al posto delle vecchie palazzine, destinate all’abbattimento, sorgeranno infatti nuovi lussuosi palazzoni, con buona pace di chi in quelle zone ha vissuto per tutta la vita. Ma un gruppo di vecchini non ci sta e inizia a fare di tutto per scoraggiare gli sfratti e la prosecuzione dei lavori: da piccoli atti di sabotaggio a una serie di omicidi ben progettati. Rivoluzionando il concetto di anziani che guardano i cantieri, i nostri non si limiteranno a osservare i lavori in corso ma vi prenderanno parte in maniera attiva.


THE BROTHERHOOD OF SATAN
(Stati Uniti, 1971 – regia di Bernard McEveety)

A Hillsboro, Oregon succede qualcosa di strano: i bambini spariscono nel nulla, lo sceriffo non riesce a trovarli, la gente sembra impazzita e una famigliola capitata lì per caso vi rimane bloccata e viene suo malgrado coinvolta nelle indagini sui misteriosi rapimenti. Gli insospettabili colpevoli sono gli anziani del luogo, uniti in una congrega satanista e determinati a sacrificare i bambini, entrando nei loro corpi, così da sfuggire alla morte. Per riuscirci usano la magia nera, che consente loro di ipnotizzare i piccoli e animare i loro giocattoli, trasformandoli in reali assassini o malefici medium infernali. Questo film è una gemma nascosta nel panorama horror degli anni Settanta, ricco di scene inquietanti e psichedeliche nello stile tipico di quel glorioso e terrificante decennio.

WHAT EVER HAPPENED TO BABY JANE? (Che fine ha fatto Baby Jane?)
(Stati Uniti, 1962 – regia di Robert Aldrich)

Ultimo di questa serie, ma primo in ordine cronologico e d’importanza, Che fine ha fatto Baby Jane? è il film che convenzionalmente ha dato inizio all’horror geriatrico (escludendo “The dark old house” di James Whale del 1932 e il non-horror “Il viale del tramonto“) e alla cosiddetta hagsploitation, l’ondata di pellicole con protagoniste donne anziane dal passato sfavillante trasformatesi in pericolose villain psicologicamente instabili.
La signora Jane Hudson, oramai anziana, vive in condizioni mentali ed economiche piuttosto instabili insieme all’odiata sorella Blanche, resa paralitica a seguito di un brutto incidente stradale provocato dalla stessa Jane in stato di ebrezza. Scorbutica, alcolizzata e carica di livore nei confronti della sorella, Jane farà di tutto per isolarla dal resto del mondo, controllarne la vita e tormentarla fino allo stremo. Interpretato da Bette Davis (che grazie a questo ruolo riuscì a dare un’impennata alla sua carriera oramai in declino), subito acclamato dalla critica e riconosciuto come uno dei film più iconici del genere, Che fine ha fatto Baby Jane? è stato seguito appena due anni dopo da “Hush…Hush, Sweet Charlotte“(Piano… Piano, dolce Carlotta) diretto dal medesimo Aldrich, tratto da un racconto degli stessi autori, interpretato dalla medesima Davis e con una sostanziale affinità di trama. A completare la trilogia granguignolesca delle vecchie assassine sarà poi “What ever happened to aunt Alice?” (La terza fossa), diretto da Lee H. Katzin ma prodotto da Robert Aldrich e Geraldine Page nel ruolo di un’anziana serial killer ossessionata dai soldi e dalle sepolture fai-da-te.


Appendice 1: IL TRASH ANZIANO

Ovvero un elenco del meglio del peggio di b-movie, filmacci e produzioni indipendenti pauperistiche con anziani come protagonisti. Poche chiacchiere, tanto trash.

THE GRANNY (Eredi di sangue)
(Stati Uniti 1995, regia di Luca Bercovici)

Nell’attesa che la scorbutica nonna tiri le cuoia, i familiari fingono grande affezione nei confronti della nonna, che dal canto suo non sembra essere propensa in alcun modo ad abbandonare questo mondo. Il risultato sarà un demone-spirito dell’anziana pronto a dare il tormento alla sua discendenza.

MOM
(Stati Uniti, 1991 – regia di Patrick Rand)

La cara e innocua signora Emily arrotonda la pensione lavorando come affittacamere. Purtroppo uno degli inquilini si rivelerà essere un contagioso licantropo e purtroppo la signora Emily verrà morsa. Al figlio l’ingrato compito di occultare gli omicidi perpetrati dalla madre e dal mannaro.

LES MÉMÉS CANNIBALES (Rabid Grannies)
(Belgio, 1988, regia di Emmanuel Kervyn)


Una grande festa di famiglia firmata Troma con ospiti d’onore due anziane sorelle trasformate in ,eravigliose zombi killer. Un tripudio di gommapiuma, prostetico ed effetti molto speciali.

FRIGHTMARE (Nero criminiale – Le belve sono tra noi)
(Regno Unito, 1974 – regia di Pete Walker)

Dopo anni trascorsi in psichiatria, i coniugi Yates vengono dichiarati sani e pronti a rientrare nella società. Probabilmente un giudizio affrettato, con tanto di ritorno ai cari vecchi omicidi seriali, al cannibalismo e all’occultamento di cadaveri. Frightmare fa pare dell’abbondante produzione horror-thriller del regista britannico Pete Walker, del quale si segnalano anche “La casa del peccato mortale” (1976) e “Chi vive in quella casa?” (1978), entrambi con un elevato gradiente di anzianità.



Appendice 2: Il carosello dei vecchi iconici nel cinema horror

Ovvero i più famosi e i più spaventosi. Il gioco, ovviamente, consiste nel riconoscerli tutti.


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6 pensieri riguardo “LA PAURA FA NOVANT(‘ANNI): IL LONGEVO DECORSO DELL’HORROR GERIATRICO”

  1. Qualcosa ho visto qualcosa no… molti li sto già dimenticando 🙂
    Sto cominciando il filone dei parassiti che si insinuano nei corpi degli umani, e sono partito dal peggiore secondo IMDB ovvero Parasitic del 2012… in effetti il voto di 2,2/10 lo identifica bene, io gli do un 3 su 10, per l’impegno e la recitazione da porno-soft! Attori così così, ma soprattutto storia ininterpretabile, anche con un cast da Oscar.
    E ora via verso altre bestie più o meno striscianti, a settembre ci stanno bene.

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