A ventitré anni da ExistenZ, David Cronenberg torna ad abbracciare il suo body horror con un film al quale plasma i connotati in maniera estremamente personale e intensa. Ecco la recensione in anteprima di Crimes of the Future, in uscita nelle sale italiane il 24 agosto 2022.
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[RECENSIONE] POSSESSOR DI BRANDON CRONENBERG: DISTOPIE, FANTASCIENZA E HORROR DI GENERAZIONE IN (DE)GENERAZIONE
“E il verbo si fece carne, e nella carne venne inserito un impianto, ma qualcosa andò storto, e carne e impianto si fusero dando vita ad un’aberrazione fatta di tessuto cicatriziale e parti meccaniche, costretti a vagare all’interno di un piano della realtà soggetto a mutazioni di origine virale“.
Se la filmografia di David Cronenberg fosse un credo e avesse le sue scritture, un passo reciterebbe probabilmente così. Deliri mistici a parte, la filmografia di Cronenberg è davvero un punto di riferimento sacro per il cinema, anche per lo stesso figlio del cineasta canadese, Brandon Cronenberg (già autore del validissimo Antiviral), che ha deciso di ripercorrere le orme paterne divenendo a sua volta regista e dedicandosi ai medesimi temi già affrontati dal padre: il progresso come inganno, lo scompattamento dell’io, il body horror in tutte le sue declinazioni, l’imprevedibilità irrazionale degli eventi, l’ambiguità di fondo tra reale e immaginario, tra vissuto e virtualità, tra l’azione concreta e il piano del desiderio, l’affinità tra sessualità, malattia e morte, il gusto del deforme, l’asettica osservazione dell’anomalia biologica, l’epidermide come punto di accesso e mezzo di espressione del male, dell’orrore e del disgusto, eccetera.