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[RECENSIONE] COLOR OUT OF SPACE DI RICHARD STANLEY

Se tre è il numero perfetto, Color Out of Space  è un film triplicemente fortunato: terzo riadattamento cinematografico statunitense del racconto di H.P. Lovecraft “Il colore dallo spazio“, terzo lungometraggio di Richard Stanley – regista sudafricano autore negli anni Novanta di due piccoli cult atipici a cavallo tra horror e cyberpunk postapocalittico, “Hardware Metallo letale” e “Demoniaca“, riapparso improvvisamente dalle sabbie dell’oblio – e terzo horror di successo interpretato da Nicolas Cage negli ultimi tre anni dopo “Mom and Dad” e “Mandy“.

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[Recensione] Incident in a Ghostland: fenomenologia del plot twist laugeriano

In principio era Martyrs, anzi no: quando il registra francese Pascal Laugier regalò al cinema horror la sua pellicola più famosa e controversa non era certo al suo esordio, né quella poteva fregiarsi del titolo di prima opera legata alla corrente del nuovo estremismo francese. Martyrs è stato però il suo film più famoso e memorabile, asceso per direttissima all’Olimpo dei film-che-forse-non-avete-ancora-visto-ma-che-dovreste-assolutamente-recuperare grazie a quel delicato insieme di dolore e paura attraversato da lontani echi di torture porn ed exploitation ammantati da un’aura metafisica.
Ma il punto di partenza per parlare di Laugier e del suo ultimo film, Incident in a Ghostland non dev’essere l’impossibile confronto con Martyrs o la conta delle differenze tra pellicole, quanto l’individuazione dei denominatori comuni di ogni suo lavoro: la sofferenza umana declinata con pazienza e dedizione in tutti i modi possibili e l’irresistibile richiamo del plot twist.

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[Recensione] The Endless: verso l’infinito e horror

Era il lontano 2012 e due giovani registi-scenografi-produttori rispondenti ai nomi di Justin Benson e Aaron Moorhead confezionavano “Resolution“, un piccolo gioiellino horror indipendente sconosciuto ai più. Quel film è il punto di partenza e di ritorno essenziale nel quale emerge già la cifra stilistica del duo, destinato a rimanere unito nelle seguenti produzioni (Spring e VHS / Viral, fyi): basso budget e buone idee, paradossi spazio-temporali e atmosfere lovecraftiane, approccio personale e disinvolto alla macchina da presa.

[Attenzione: da qui in avanti troverete spoiler rilevanti sulla trama]

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Paura a piccole dosi: le antologie horror che forse non conoscete già

Amati o odiati ma mai passati di moda alla faccia di chi vuol loro male, gli horror antologici funzionano in base a un principio semplice: ci sono vari episodi, c’è un fil rouge più o meno sottile a collegarli, ed ecco servito un prodotto consumabile in porzioni più piccole, per andare incontro alle capacità mentali dello spettatore ma soprattutto dei registi.

Di seguito, una selezione di antologie horror pescate dal grande calderone del cinema indipendente contemporaneo ma anche alcune pellicole del passato che vale la pena rispolverare, dando per scontato che titoli come The ABC’s of Death, Creepshow, V/H/S o Trick ‘r Treat siano già noti.

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[Recensione] The Void, ecco come ti omaggio Carpenter

Al pronto soccorso, si sa, accadono le cose più strane. La sala d’attesa diventa spesso luogo di ritrovo delle anime in pena, dei matti, dei malati veri e di quelli immaginari. Diciamolo: nei triage tira una brutta aria e basta poco per aumentare il disagio di tutti.

Immaginate quanto possa essere spiacevole quindi trovarsi in un vecchio ospedale semideserto in procinto di essere dismesso, con il personale ridotto all’osso, un misterioso gruppo di individui in tunica minacciosamente appostati fuori a impedirvi di uscire e alcuni mostruosi conglomerati semoventi di carne che fanno capolino dalle stanze e dai corridoi a impedirvi di restare.

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